
Devono essere stati i discorsi e i ragionamenti, e le scorribande e i divertimenti, quelli tra Cici e Popo (Achille e Pier Giacomo Castiglioni), con la regia e le imbeccate colte di chi aveva occhi sensibili sul mondo come Michelino (Provinciali), a far innamorare anche l’Aurelio (Zanotta) dell’idea di ripartire dal cavalletto per il tavolo da lavoro. Coniugandolo con alcuni dettagli costruttivi tipici del banco da falegname, per originare una perfezione di alta ebanisteria che sembra essere qui da tempo immemorabile, ma che solo grazie a loro – quei “fantastici quattro”, immersi nell’energia di quegli anni, pieni di speranze e di futuro – è nata (leggi è stata distillata) “finalmente” nel XX secolo, e da allora è pronta a rimanere immutabile per altri venti secoli: anni in cui Leonardo e Bramante, come tavoli, e Merlino, come leggio, potranno esprimere una bellezza costruttiva che si mostra orgogliosa, e certezze funzionali che parlano con semplicità.