Di creatività e di oggetti evidentemente unici, di arte che si sposa con l’alto artigianato, di nuove alchimie
E’ una storia che viene da lontano quella che ha portato Zanotta, ormai quasi quarant’anni fa, a intraprendere la coraggiosa e innovativa avventura delle “Edizioni”. Coraggiosa, nel solco di un catalogo che aveva da tempo trovato l’energia e l’orgoglio di stabilire primati (come con il “Mezzadro”, la “Sella” e la serie “Quaderna), e innovativa, come l’aveva voluta da sempre il suo fondatore Aurelio Zanotta, capace di cogliere l’anticonformismo suggerito da oggetti come le poltrone “Blow” e “Sacco”. Perché la storia di Zanotta è quella di un’azienda che ha saputo costruire un’intera collezione lontana dalle consuetudini, immaginata partendo da altre suggestioni, e approdando nel corso degli anni a ricerche sempre più libere, anche e forse soprattutto perché alimentate dal dialogo con l’arte contemporanea. Una storia che attinge dalla ricchezza culturale del nostro paese, che ha avuto alcuni grandi maestri transdisciplinari, capaci di misurarsi contemporaneamente - con talento, audacia e visione - con l’architettura e la pittura, la scultura e l’allestimento, la moda e l’oggetto d’arredo, e che hanno contributo a rinnovare il mondo del design con accelerazioni linguistiche, riflessioni decorative ed esemplari alzate d’ingegno.
Una storia, quella di “Zanotta Edizioni”, che nasce dall’aver sentito nel rinnovamento del design formalizzato all’inizio degli anni Ottanta la possibilità di un’apertura verso un altro futuro, da scrivere con un lessico nuovo e un dizionario più libero. E che per questo ha accolto l’evoluzione dei pensieri del gruppo “Alchimia” - laboratorio creativo fondato dai fratelli Adriana e Alessandro Guerriero, e alimentato dall’intelligenza di Alessandro Mendini - che nel 1984 si mostrava matura per diventare una “Nuova Alchimia”: un primo significativo momento in cui, attraverso la denominazione “Zabro”, veniva presentata una vera e propria “divisione” dell’azienda per promuovere e sostenere gesti d’autore per i quali l’utente era “invitato a fare la propria scelta di sensibilità, a scoprire se stesso, quindi a varcare il cerchio incantato dell’agio intellettuale, e andare un po’ al di là della pigrizia abitudinaria delle sue sensazioni, della routine dei suoi riflessi psico-sensoriali…”, come scriveva Pierre Restany. E non è certamente un caso che sia stato proprio un critico d’arte a sottolineare queste caratteristiche nei primi dichiarati momenti in cui l’azienda consacrava questa apertura verso le arti visive. Perché la collezione “Zabro”, diventata nel tempo la “Zanotta Edizioni” di oggi, è evidentemente un catalogo di opere d’arte in forma di oggetti d’arredo, un insieme di record ottenuti misurandosi con il rinnovamento delle tipologie più tradizionali che accompagnano la vita nelle nostre case, dimostrando così che una sedia, un cassettone, un tavolo… possono sempre essere riconsiderati in un modo alternativo (come avrebbe potuto ripetere Bruno Munari con il suo mantra “Ma non si può fare in un altro modo?”), rispetto a una tradizione che troppo facilmente declina nell’ovvio: una serie di possibilità - tanto forti e riuscite da apparire ancora oggi nuove - di provare strade meno consolidate per rispondere alle richieste dall’abitare quotidiano, regalando stupore e sorrisi. Progetti come opere, quindi, e oggetti come “sculture funzionali”. Ovvero una ricerca che spinge la prestazione d’uso un po’ più in là, in quel particolare campo di azione dove la forma della logica razionale viene accelerata da uno scatto in velocità o da uno scarto di lato. Progetti dove si possono evidentemente ascoltare altri linguaggi e vedere osare altri modi, ma dove si può avvantaggiarsi anche di un altro primato tricolore, quello del saper fare, quello dell’alto artigianato. Perché queste ricerche espressive sono sostenute da una maestria realizzativa evidente: una forma di sapienza d’altri tempi che permette a questi oggetti di presentarsi come sorprendenti anche nell’esecuzione, con particolari costruttivi e decorativi realmente eccezionali, dettagli che aggiungono un ulteriore valore al risultato complessivo di questi “oggetti a reazione poetica”.
Piccole e limitate serie di oggetti, dedicati a coloro che sanno distinguere l’originalità dalle repliche, la ricerca verso l’inedito dai toni rassicuranti, la sperimentazione pura e libera dai risultati certi e troppe volte acquisiti, in un insieme che per il suo “forte spessore culturale” è stato riconosciuto dalla Segnalazione d’Onore al Premio Compasso d’Oro. Azioni consuete nella casa di “Zanotta Edizioni”, luogo dove trovare l’essenza e la sostanza di una nuova idea di contemporaneità, suggerita da architetti poliedrici come Alessandro Mendini, Ettore Sottsass e Andrea Branzi, da creativi davvero inclassificabili come Bruno Munari, Fortunato Depero, Corrado Levi e Riccardo Dalisi, e da artisti puri sollecitati da possibilità altre rispetto alle loro consuetudini d’azione, come Alik Cavaliere, Alfredo Pizzo Gre-co e Joe Tilson.
"Beppe Finessi"
Una storia, quella di “Zanotta Edizioni”, che nasce dall’aver sentito nel rinnovamento del design formalizzato all’inizio degli anni Ottanta la possibilità di un’apertura verso un altro futuro, da scrivere con un lessico nuovo e un dizionario più libero. E che per questo ha accolto l’evoluzione dei pensieri del gruppo “Alchimia” - laboratorio creativo fondato dai fratelli Adriana e Alessandro Guerriero, e alimentato dall’intelligenza di Alessandro Mendini - che nel 1984 si mostrava matura per diventare una “Nuova Alchimia”: un primo significativo momento in cui, attraverso la denominazione “Zabro”, veniva presentata una vera e propria “divisione” dell’azienda per promuovere e sostenere gesti d’autore per i quali l’utente era “invitato a fare la propria scelta di sensibilità, a scoprire se stesso, quindi a varcare il cerchio incantato dell’agio intellettuale, e andare un po’ al di là della pigrizia abitudinaria delle sue sensazioni, della routine dei suoi riflessi psico-sensoriali…”, come scriveva Pierre Restany. E non è certamente un caso che sia stato proprio un critico d’arte a sottolineare queste caratteristiche nei primi dichiarati momenti in cui l’azienda consacrava questa apertura verso le arti visive. Perché la collezione “Zabro”, diventata nel tempo la “Zanotta Edizioni” di oggi, è evidentemente un catalogo di opere d’arte in forma di oggetti d’arredo, un insieme di record ottenuti misurandosi con il rinnovamento delle tipologie più tradizionali che accompagnano la vita nelle nostre case, dimostrando così che una sedia, un cassettone, un tavolo… possono sempre essere riconsiderati in un modo alternativo (come avrebbe potuto ripetere Bruno Munari con il suo mantra “Ma non si può fare in un altro modo?”), rispetto a una tradizione che troppo facilmente declina nell’ovvio: una serie di possibilità - tanto forti e riuscite da apparire ancora oggi nuove - di provare strade meno consolidate per rispondere alle richieste dall’abitare quotidiano, regalando stupore e sorrisi. Progetti come opere, quindi, e oggetti come “sculture funzionali”. Ovvero una ricerca che spinge la prestazione d’uso un po’ più in là, in quel particolare campo di azione dove la forma della logica razionale viene accelerata da uno scatto in velocità o da uno scarto di lato. Progetti dove si possono evidentemente ascoltare altri linguaggi e vedere osare altri modi, ma dove si può avvantaggiarsi anche di un altro primato tricolore, quello del saper fare, quello dell’alto artigianato. Perché queste ricerche espressive sono sostenute da una maestria realizzativa evidente: una forma di sapienza d’altri tempi che permette a questi oggetti di presentarsi come sorprendenti anche nell’esecuzione, con particolari costruttivi e decorativi realmente eccezionali, dettagli che aggiungono un ulteriore valore al risultato complessivo di questi “oggetti a reazione poetica”.
Piccole e limitate serie di oggetti, dedicati a coloro che sanno distinguere l’originalità dalle repliche, la ricerca verso l’inedito dai toni rassicuranti, la sperimentazione pura e libera dai risultati certi e troppe volte acquisiti, in un insieme che per il suo “forte spessore culturale” è stato riconosciuto dalla Segnalazione d’Onore al Premio Compasso d’Oro. Azioni consuete nella casa di “Zanotta Edizioni”, luogo dove trovare l’essenza e la sostanza di una nuova idea di contemporaneità, suggerita da architetti poliedrici come Alessandro Mendini, Ettore Sottsass e Andrea Branzi, da creativi davvero inclassificabili come Bruno Munari, Fortunato Depero, Corrado Levi e Riccardo Dalisi, e da artisti puri sollecitati da possibilità altre rispetto alle loro consuetudini d’azione, come Alik Cavaliere, Alfredo Pizzo Gre-co e Joe Tilson.
"Beppe Finessi"